lunedì 5 dicembre 2011




Congo, Nord Kivu 7* latitudine  Nord   
16/07/2004
"THE HEART OF DARKNESS"...

La morte, la morte in faccia, la faccia spenta, la mente vuota...
..ero per terra al buio, quasi nell’oscurità totale, un ginocchio per terra, il cellulare che utilizzavo come improbabile torcia faceva ancora luce dal piccolo schermo, poi dopo pochi secondi si  spense.
L’uomo si avvicinò a me e sentii il freddo della canna del Kalashnikof sulla mia nuca, un solo pensiero mi attraversò la mente: Cristo non farmi morire in un modo così.
Secondi interminabili, in bocca avevo ancora il sapore della birra che avevo bevuto istanti prima...istanti prima...senza volontà ripercorsi in pochi secondi la serata...
...Nella piccola città di Beni in cui mi trovo c’e’ ben poco da fare la sera, il giorno mi vede impegnato in un lavoro come coordinatore logista per una ONG italiana in un progetto alimentare per gli sfollati dalla guerra nell’ITURI, regione confinante.
Dopo le tensioni della giornata al calar del crepuscolo sento il bisogno di una birra fresca, magari due...
Così passo a prendere Babu,un mio autista e gli propongo di vagare assieme “al termine della notte” .
La serata e’ cominciata da ‘’Mamma Padiri ’’ che ci prepara il classico Kawunga , una polenta di Mais bianca, con spezzatino di capra , salse a parte come condimento.
Si mangia senza posate, lavandosi le mani in un catino in cui un ragazzo fa’ cadere dall’alto di una brocca l’acqua sulle mani insaponate.
Si beve, la birra scorre giù e poi risale nella mente che già segue lenta i giochi di fumo della sigaretta verso l’alto, verso luoghi lontani.
?Cosa mi ha portato in questo angolo di mondo circondato dalla foresta , da tribù di Pigmei, da soldati di forse sette diversi raggruppamenti, da gente rude, sanguigna, brutale, da organizzazioni umanitarie che si contendono progetti umanitari come agenti di borsa?
Come piena d’incertezze  è la vita da cooperante...
Alla prossima birra l’ignota risposta...
Tutaonana MamaPadiri mbakie musuri, mi congedo in Swahili e continuiamo la serata in un locale lì vicino da cui proviene una musica assordante dall’insegna CASINO’; una volta dentro devo dire che forse l’assenza dell’accento farebbe più onore al vero...CASINO, null’altro che questo: soldati di ogni età, in divisa o abiti civili, qualche fucile; alcuni hanno la pistola infilata nei pantaloni dietro la schiena, sono gli ufficiali in borghese, luci soffuse e palle di specchietti danno all’ambiente un aspetto irreale, un improvvisato DJ crea della musica assordante tipo parco dei divertimenti, e poi donne, ancora donne, sempre donne, più o meno nere, più o meno belle, ma donne, sinuose, ondulate, denti bianchissimi, risate piene di vita nonostante la vita, indispensabili come sempre e come sempre inevitabili...
...Ci sono bottiglie di birra ovunque, centinaia di bottiglie, mi chiedo dove trovino i soldi in mezzo ad un’apparente miseria, l’ebbrezza e’ addirittura palpabile, un uomo alla mia destra tiene particolarmente a salutarmi, gli rispondo in Swahili, non riesce a fare a meno di dirmi, con un respiro da oltretomba, che e’ un tenente e viene da Kinshasa,” non m’interessa molto” penso io anche perché di giorno ne vedo a sacchi, e mi volto dall’altra parte..
...mi alzo, vado alla toilette...
...credo che neanche un Vate come Dante sarebbe riuscito a concepire un simile girone, una spianata fangosa di terra mista ad acqua di pioggia e urina, in un angolo due orinatoi per gli uomini, al buio; un po’ a disagio lascio che un classico cespuglio si presti alla bisogna.
Mi abbottono i Jeans, mi volto e resto decisamente senza parola…a tre metri da me c’e’ una ragazza bellissima vestita di bianco , accovacciata che orina per terra davanti a tutti; si alza ritirando i pantaloni aderenti e se ne va’ cantando verso la sala...Oui’ c’est l’Afrique.
La seguo con lo sguardo; Marley accompagna la sua danza con la sua voce stupenda, unica, inconfondibile.
Poi torno a sedermi, lei viene al tavolo e parla un po’ con il mio compagno di ventura e scopro che è una sua ex fidanzata.
La presenza di così tanti ufficiali in borghese e relative guardie del corpo armate mi rende nervoso, non è certo l’ambiente dove rilassarsi dopo una faticosa giornata passata in un campo profughi a cercare di organizzare le prossime distribuzioni di cibo; così decidiamo di andare a casa di Babu con qualche birra semplicemente ad ascoltare un po’ di musica dalla radio a pile con qualche birra.

Verso mezzanotte decido di rientrare  a casa.
Usciamo nel buio assoluto, mi faccio luce con lo screen del telefonino; fuori dal cancello, un metro dopo la soglia, a pochi passi dalla Jeep, si sente la voce profonda di un uomo, parla in Swahili, ha un tono imperativo, i miei compagni cercano di calmarlo intuendo subito qualcosa di strano, poi....TLA-TLAK riconosco in un attimo la messa in canna di un AK47, mi butto per terra, solamente con un ginocchio, pronto a scappare se si presenta la possibilità, il tutto inconsciamente , in un modo stranamente istintivo come dettato da esperienze di un’altra vita…
Parlano ancora , d’un tratto mi viene il pensiero che possa essere l’uomo della ragazza e che abbia pensato strane relazioni a vedermi andare via con lei ed il mio amico, e a questo pensiero nella mente mi viene una sola frase: “Stò per morire”.

...”E ripensò le mobili tende e le percossi valli, il lampo dei manipoli e l’onda dei cavalli”...

 Dio non posso morire cosi....’
I secondi passano lenti come ore, viene verso di me e mi punta il fucile sul collo...
...sentivo la mente vuota, il corpo leggero, non avevo più sensazioni di tatto, solo la canna del fucile faceva da tramite tra la morte e il mio stato di coma apparente, quel freddo metallo era l’ultima cosa che avrei percepito come sensazione nella mia vita assieme alla vista del buio, come filo d’Arianna il fucile stranamente mi teneva in vita quando stava per darmi la morte, ultimo anello di una incerta catena durata trentacinque anni, rumore di metallo nuovamente…

…”Stette..
                 ... e dei dì che furono l’assalse il sovvenir”..

.. addio vita e’ stato bello, avrei voluto fare di più, avrei  potuto fare di più, stranamente in quel momento non mi venne da pensare a nessuno all’infuori di me, ero egoisticamente concentrato su di me, poi ancor più stranamente mi venne un flash del mio corpo lacerato dal proiettile...
... l’uomo raccoglie il mio cellulare facendosi luce con una torcia,mi tira verso l’alto, mi fruga tutte le tasche,prende il marsupio che da sempre porto  di traverso sulla spalla, fa’ lo stesso con gli altri poi loro in un attimo scappano dentro casa ed io resto solo con lui, mi punta la torcia in faccia , la spegne e per un istante vedo la sua sagoma che si muove nel buio.
Resto fermo alcuni secondi poi decido e mi metto a correre, a poche centinaia di metri c’e’ la base delle Nazioni Unite, non so dove sia riuscito a prendere l’energia ma credo di aver fatto i duecento metri tra me e il cancello delle UN in 19.76.
Correvo a zigzag nella paura che potesse averci ripensato.
Arrivo al cancello delle Nazioni Unite, un gruppo di militari sudafricani in servizio di guardia mi vede arrivare, hanno un’aria allibita, e’ ormai l’una del mattino.
Respiro a pieni polmoni percorso da un fremito, mi offrono una sigaretta per calmarmi, faccio un paio di tiri con le dita che tremano, poi mi volto e vomito l’anima in un fosso.
Mi chiedono cosa sia successo, mi osservano ancora stupiti, io racconto a tratti, poi li guardo negli occhi, guardo le luci sopra il cancello, sento il freddo della notte che mi avvolge, sento l’odore della sigaretta ancora sulle mie dita, per strada passa una moto con un ragazzo seduto dietro, mi guarda e sparisce inghiottito dal buio...
.......
......... la mattina dopo era mattina ed io ero ancora vivo, vivo VIVO
                                                                              ero ancora VIVO...

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